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Cos’è la biodiversità? Può sembrare un concetto astratto e lontano dalla nostra vita quotidiana, ma difendere la biodiversità significa proteggere la vita. La diversità consente alla natura di evolversi e di adattarsi costantemente, in un fragile equilibrio che parte dai geni del DNA, passa per le piante e gli animali e arriva alle complesse forme degli ecosistemi.
E l’uomo? L’uomo con le sue azioni e le sue scelte può salvaguardare la biodiversità ma anche comprometterla, vanificando la presenza di migliaia di varietà di mele, patate, cereali, legumi, formaggi e di razze di animali.
L’agricoltore custode dei semi e piante autoctone
La conservazione dei semi e delle piante antiche
Le piante fanno parte della nostra storia così come
i monumenti, le opere d'arte: rappresentano una parte delle nostre tradizioni,
della nostra cultura.Nel chiuso
delle valli montane o nell'intimità della campagna piena, i contadini hanno
tramandato da una generazione all'altra una serie di semi, di piante e di
animali. Quando ci si sposava, della dote spesso facevano parte le marze di
fruttiferi o semi di cereali, legumi e ortaggi. Insomma, il materiale genetico
o germoplasma, veniva scambiato tra i contadini come un dono, una promessa di buoni
sapori. Negli ultimi anni si va sviluppando una nuova consapevolezza nel mondo
agricolo che si sostanzia nella necessità di salvaguardare le varietà
tradizionali di semi e più in generale di piante o di razze di animali. Il
problema riguarda in modo specifico l’orticoltura, ma anche la frutticoltura e
la cerealicoltura.
Naturalmente non si tratta di fare solo una operazione culturale, ma anche e soprattutto una operazione economica, poiché
chi meglio degli imprenditori agricoli che si rivolgono alla filiera corta, al mercato locale ed alla vendita diretta, può dare una nuova funzione economica a
vecchie varietà di melo o di grano?
Per quanto riguarda in modo specifico
l’orticoltura, solo nel 1999 si contavano 47 varietà di cavolfiore, oggi ne
rimangono 31 iscritte nel registro dei semi. Negli ultimi dieci anni sono state
cancellate in Italia ben 370 varietà di semi ortivi: si tratta di tutte varietà
non ibride che le ditte sementiere non commercializzano più. Al loro posto
vengono commercializzate delle varietà ibride, dai costi sino a dieci volte
superiori e non in grado di produrre semi. In questo modo l’agricoltore è
costretto all’acquisto annuale della semente.
Ormai le varietà di ortaggi in grado di
autoriprodursi sono veramente poche e continuano a sparire dal mercato. Presto
se si continua di questo passo, gli agricoltori saranno costretti a seminare
solo le varietà ibride controllate dalle ditte sementiere e quindi aumenteranno
i loro costi di produzione, inoltre i consumatori vedranno ridotta la loro
possibilità di scegliere tra diversi ortaggi. La libertà di seminare ciò che si
vuole, di seminare gli ortaggi che da sempre sono stati coltivati nella
tradizione locale e regionale, la libertà per il consumatore di trovare una più
ampia gamma di gusti, di sapori e di colori, ebbene queste libertà secolari
sono in pericolo.
In reazione a questo processo negativo, sta
nascendo nel nostro paese una rete di aziende agricole che si pongono come
obiettivo quello di salvare i semi e di scambiarsi le sementi: sono gli
agricoltori custodi della biodiversità agronomica.
L'agricoltore custode crea orti conservativi per
salvare e riseminare i semi di ortaggi in pericolo di estinzione. Crea frutteti
archeologici per propagare vecchie varietà di frutta che hanno sapori e
colori veramente straordinari.
La prima cosa da fare è fare la propagazione della
pianta, in modo tale da costituire un piccolo frutteto, che quando entrerà in
produzione fornirà un tipo di frutta rara che è possibile far degustare nel
punto ristoro e vendere ai clienti.
L'agricoltore custodisce i semi dei cereali antichi;
li risemina ogni anno pur sapendo che producono molto meno rispetto a quelli
selezionati, ma sa anche che non creano allergie o intolleranze, hanno una
consistenza e un gusto migliore, alzano meno la glicemia e sono più digeribili.
Parliamo di: grano tenero solina, granoturco quarantino, farro, orzo mondo,
grano duro saragolla, grano duro senatore cappelli, grano tenero rosciola. Lo stesso discorso vale per i legumi: ne
sono stati rinvenute circa 60 varietà autoctone solo in Abruzzo. Ed anche per gli animali vale lo stesso
discorso, anche se in questo campo, sono veramente poche le razze che si sono
salvate, tra cui la vacca marchigiana, la pecora sopravissana, la gentile di
Puglia.
I cereali e legumi antichi
Perché coltivarli
Sono rustici, resistono al freddo ed alla siccità.
Non abbisognano di concimazioni ne di diserbi.
Richiedono lavorazioni del terreno
minime, soprattutto se vengono coltivati in biologico, con rotazioni e sovesci.
Le rotazioni possono essere effettuate
con i legumi da granella che hanno le stesse caratteristiche di rusticità e
bassa lavorazione.
Diminuiscono di conseguenza, l'impiego
dei mezzi meccanici e si abbassano i costi di produzione.
Aumenta la biodiversità.
Aiutano l'azienda a diversificare i
prodotti e rendere più ricca la proposta.
Incontrano il favore dei consumatori
per le loro proprietà organolettiche e salutistiche e quindi, possono fornire
un reddito interessante.
Di contro, producono poco perché le
rese sono mediamente basse.
Richiedono un processo di
trasformazione, a volte impegnativo, con l'acquisto di macchinari ed
attrezzature.
Gli antichi grani duri
Grano duro Saragolla e grano duro Senatore Cappelli
Il grano duro saragolla era coltivato nelle aree
pedemontane e collinari abruzzesi. Popolazioni coltivate di saragolla sono
state rinvenute al momento, nei monti della Laga e nella Maiella occidentale.
La saragolla è coltivata nell'Appennino abruzzese da secoli. Le qualità
nutrizionali derivano dal fatto di essersi conservato puro da interventi di
ibridazione. Vediamo come lo storico teramano Quartapelle descrive nel 1801
l'antica coltura della saragolla: "I nostri agricoltori distinguono
diverse specie di grani, chiamandone altri duri ed altri bianchi. Fra i primi
occupa il principal luogo la Saragolla, i cui acini sono lunghetti, sodi e di
color biondo….Le migliori saragolle del nostro Regno, ottime per far le paste,
si seminano in Novembre, Dicembre". La saragolla o "saravolle" è
un grano lungo, gialliccio, pesante e di gran durata, geneticamente assimilabile
al "Kamut" e con caratteristiche molto simili al grano duro
"Senatore Cappelli", che ha in gran parte sostituito la Saragolla nel
novecento e di cui rappresenta un incrocio genetico. Con questi due grani duri,
in purezza o miscelati è possibile produrre una fantastica pasta artigianale
contadina che potrebbe avere un grande riscontro presso i consumatori, per il
suo gusto particolare, per il suo basso indice glicemico, per il glutine
presente in misura minore e sicuramente molto più digeribile.
Gli antichi grani teneri
Solina, rosciola, casorella, biancola e frasinese
La solina è un grano tenero a taglia alta, molto
rustico e adattato nel corso dei secoli alla coltivazione in terre marginali di
montagna. Si tratta di un grano molto antico "la mamma di tutti i
grani", citato in documenti che risalgono al cinquecento. Questo grano ha
una bassa resa per ettaro ma resiste a condizioni limite, poiché sopporta sia
il freddo che la siccità. Se ne ottiene una farina particolarmente adatta per
la panificazione e per la produzione di dolci tipici, anche se si presta alla
preparazione di paste tradizionali fatte a mano ed anche di pasta essiccata. La
solina veniva coltivata in tutte le aree montane della regione e oggi se ne
riscoprono le peculiarità organolettiche e nutrizionali. Molti contadini,
nonostante la bassa resa, hanno continuato a coltivare la solina per le
esigenze familiari accanto ai grani ibridati moderni, per la maggiore qualità
del pane ottenuto. Altrettanto buona è la farina del grano tenero rosciola,
ingiustamente dimenticato, poiché è un grano con caratteristiche del tutto
simili alla solina, sia da un punto di vista organolettico e nutrizionale, che
da un punto di vista colturale ed agronomico. Anche il grano tenero casorella,
ormai quasi introvabile, ha caratteristiche di rusticità nella coltivazione,
senza bisogno di concimazione e di diserbo e con basse rese. Caratteristiche
simili può vantare anche il grano tenero frasinese o frassineto che però è
l'unico grano, tra quelli citati, che viene da una ibridazione, sia pure
realizzata nell'ottocento in modo naturale.
Gli antichi legumi autoctoni
Ceci, lenticchie, fagioli e cicerchie (varietà antiche)
Una delle colture più semplici e che incontrano sempre di più il favore del mercato
è quella dei legumi. In Abruzzo, il patrimonio agronomico delle piante
autoctone è assai ricco, si pensi alle diverse varietà di lenticchie, che di
solito hanno un seme piccolo, detto microsperma, sono marrone scuro ed hanno la
caratteristica di cuocere senza ammollo. Famose sono quelle di Santo Stefano di
Sessanio, ma ve ne sono altre molto simili, sempre coltivate in montagna, come
nell'altipiano delle Rocche, dove si coltiva la lenticchia di Terranera; oppure
a Cagnano Amiterno. Si seminano in primavera e si raccolgono ad agosto. Quindi
un ciclo breve, come del resto per tutti gli altri legumi, come i ceci, le
cicerchie, le fave, i fagioli. Come detto, la biodiversità che riguarda le
piante interessanti da un punto di vista agronomico, è particolarmente ricca in
Abruzzo, che sicuramente è una delle regioni con il maggior patrimonio di
cultivar autoctone di legumi da granella. Oltre alla brevità del ciclo
produttivo, i legumi non hanno bisogno di diserbo, a parte alcune eccezioni,
sono piante rustiche che resistono bene alla siccità e si adattano ai terreni
marginali. Si consiglia dunque vivamente di coltivare i legumi poiché, in
definitiva, sono piante facili da coltivare, hanno una buona resa in termini
produttivi ed economici e richiedono un impegno minimo. Inoltre, arricchiscono
il terreno di azoto e lo preparano alla coltivazione dei cereali. I legumi
hanno delle ottime caratteristiche nutrizionali ed organolettiche, ricchi di
fibra, proteine e sali minerali, mangiati insieme ai cereali, sostituiscono
egregiamente la carne. Si prevede dunque un sensibile aumento del consumo di
legumi nei prossimi anni, sia per le qualità nutrizionali ed anche per il basso
impatto ambientale ed infine per la relativa facilità di coltivazione, poiché
nella maggior parte dei casi si accontentano di terreni marginali. Per quanto
riguarda la conservazione e trasformazione, consultare la relativa dispensa.
La frutta antica
Un’altra idea vincente è quella di realizzare un frutteto
con la frutta antica e cioè le vecchie varietà autoctone di mele, pere, pesche,
albicocche, susine, e ciliegie. L'agricolotore custode non si limiterà soltanto
alla riproduzione delle piante, momeneto comunque fondamentale, ma attuerà
sesti di impianto non intensivi e misti in modo tale da creare un equilibrio
agro ambientale e con portainnesti di media vigoria per avere piante forti e
quindi più resistenti alle malattie.
La frutta antica può avere un interessante
mercato, comunque in crescita, incrementando la vendita diretta. Le antiche
varietà di mele, pere, albicocche, fichi, pesche, non aspettano altro che di
essere coltivate e potrebbero incontrare il favore dei consumatori per la
qualità e diversità di sapori, colori e aromi, veramente sorprendenti.
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